Sono arrivata a Montalcino mentre imperversava una bufera di neve. Un freddo che non vi dico, vento gelido. Domenica e lunedì, solo due giorni ma densi, intensi di luoghi, persone e sapori. Sono stata ad uno degli eventi più attesi e celebri per il mondo del vino italiano, la presentazione del Brunello di Montalcino di quest’anno.
Uno dei vini che rappresenta all’estero il vino italiano d’eccellenza, il vino di cui si conosce il nome e che spesso viene scelto da australiani, americani o magari anche cinesi quando si vuole provare e conoscere un vino italiano.
Tra i banchi di Benvenuto Brunello 2013
Immaginatevi di trovarvi in un chiostro con decine di produttori di Brunello di Montalcino e di poterne provare diversi, senza essere vincolati ad un’unica bottiglia.
Cercare di capire le differenze tra un Brunello e l’altro è complicato: dipendono dalle differenti scelte del produttore che stanno a monte e dentro al Brunello che state degustando. Vi si apre un mondo sconosciuto: qui la natura, le stagioni, la scelta di un modo di lavorare l’uva invece di un altro, la scelta di una tecnica enologica e soprattutto il modo di pensare di chi produce il vino, creano delle differenze molto spesso sottili, che richiedono davvero applicazione e passione per essere comprese.
Macroscopicamente il Brunello si distingue da un altro per il modo di vedere la tradizione e di continuarla nel presente. Microscopicamente ci si può perdere nei dettagli tecnici che possono riguardare i tempi della vendemmia, i metodi di vinificazione, la scelta di maturazione del vino ecc. Tutto ciò avviene nella cornice di un disciplinare, grazie al quale le linee di condotta per la produzione del Brunello garantiscono nei decenni il grado di qualità che lo ha reso così famoso. Il Brunello è forse il vino toscano per eccellenza perché composto al 100% dal vitigno toscano per eccellenza, il sangiovese (chiamato “brunello” a Montalcino). Il Brunello di Montalcino deve affinare minimo 50 mesi, di cui almeno due anni in legno (tonneau, barrique). Quanto può affinare, quanto può migliorare il Brunello? Dipende dall’annata: 10, 20, 30 anni…
Quest’anno dunque si degustava il Brunello di Montalcino 2008. Inoltre c’erano, oltre al Brunello di Montalcino Riserva 2007, gli altri vini di Montalcino: il Rosso di Montalcino 2011, il Sant’Antimo ed il Moscadello. Qual’è il tempo più adatto per bere il Brunello? In media 10-20 anni, ma anche di più. Comprate una bottiglia e poi scordatevela nella vostra cantinetta, conservatela per le occasioni culinarie e sociali più importanti.
Proprio alla fine del giro dei Brunello, quando la testa cominciava a girare e la stanchezza (nonché la fame…) a farsi sentire, ho voluto concludere con un sorso di Moscadello, un vino da dessert prodotto sempre a Montalcino con l’uva moscato bianco. In quel caso specifico era una vendemmia tardiva e l’uva era stata attaccata dalla “muffa nobile”, quella resa famosa dal muffato più celebre al mondo, il Sauternes francese, che mi ha un po’ incuriosito trovare lì. Era squisito e mi ha ricordato un po’ l’albicocca secca e lo zafferano e l’ho immaginato accompagnato da dolcetti come questi o da una bella crostata… Era pur sempre l’ora di pranzo e di cracker non ne potevo più!
Uscita dalla manifestazione ho fatto un giro nel paese, quasi deserto: sarà stato un po’ per l’ora o per il tempo, ma soprattutto è bassa stagione e le folle di turisti erano ancora assenti. L’altra faccia di Montalcino fuori stagione, quello degli abitanti stabili, del bar con i signori a chiacchera (come in ogni paese ed in ogni bar toscano che si rispetti), dei negozi stagionali chiusi e degli “affittasi”. Mi sono imbattuta pure in un cavolo rosa, come quelli che piantava il mio babbo nei cocci del giardino, con la neve che si era appena sciolta.
La luce era strana, divisa tra il cielo grigio e il sole in lontananza. Della bufera di neve di quando sono arrivata la mattina, non c’era quasi più segno.
La visita a Sant’Antimo e la cantina Fanti
La visita da Fanti e la meravigliosa Abbazia di Sant’AntimoUna visita squisita: l’accoglienza di Elisa e di suo padre Filippo Fanti, i vini degustati, gli spuntini mangiucchiati (per la prima volta ho deciso di assaggiare la soppressata… una delizia), l’atmosfera di quell’intensa giornata, in cui in azienda attendevano più di un centinaio di ospiti. Nonostante i preparativi, è stata una visita piacevole, senza frenesia e stress, ho visto sorrisi e scherzi e apprezzato il tempo dedicatoci da Elisa.
La visita in un’azienda vitivinicola è per me spesso un’esperienza unica e a cui tengo molto. Offre la possibilità di conoscere specificamente un luogo, persone appassionate di quello che fanno e di visitare i luoghi un po’ magici in cui viene prodotto il nettare. Più che di magia è meglio parlare di creatività, passione e serietà. Perché ho l’impressione, quando ascolto il produttore (almeno quello medio-piccolo…) che presenta la bottiglia del suo vino, che esso sia per lui una sua creatura, di cui parla con affetto e orgoglio, di cui racconta le peripezie e le fasi della crescita nonché le speranze per il suo futuro.
Ho visitato la grande sala con i contenitori d’acciaio dove fermentava il vino e l’adiacente laboratorio d’analisi, una stanza importante che non tutti ancora hanno, in cui si monitora tutta la via del vino, dal grappolo al vino finale. Dopodiché sono entrata nella barricaia, una grande sala piena di fascino. Sarà perché la botte, a differenza dei grandi contenitori in acciaio che sembrano un po’ comuni (sono usati anche per il latte o altri liquidi), ha un’individualità tutta sua, datale dalla storia e dalla sua specifica funzione, quella di fare maturare un vino e farlo diventare un’esperienza unica.
Quella cosa strana in alto è il tappo colmatore, che serve a mantenere costante il volume del vino nella botte. Ci fa capire che il legno è un materiale vivo, che protegge sì il vino dall’aria, ma in realtà prende parte attiva al dialogo, allo scambio tra il vino e l’aria, rilasciando sostanze essenziali che vanno a contribuire al bouquet e alla vita del vino.
Della degustazione purtroppo non ho foto: ero troppo intenta a degustare vini e salumi e ad ascoltare… Mi è piaciuto molto il loro rosato, un vino adatto alle calde serate estive in giardino, ma anche i loro rossi, su tutti – ovviamente – il loro Brunello di Montalcino. Dalla tenuta si gode poi di una vista stupenda sui vigneti e, sullo sfondo, sull’abbazia di Sant’Antimo. C’è da chiedersi dove in questo angolo di Toscana non si goda di panorami e linee che rimangono impresse nella memoria…
L’abbazia è un magnifico esempio dell’architettura romanica in Toscana. Antichi ulivi, cipressi e vigne la circondano. Sulle mura si va alla scoperta di figure, animali e altri motivi che ci parlano da un altro tempo. All’interno, su alcuni capitelli, si ritrovano di nuovo scene con figure umane e animali che ci raccontano ancora oggi dell’immaginazione umana di molti secoli fa.
Adiacente alla chiesa vivono ancora dei monaci agostinani, in un idillico monastero con giardino e cespugli di lavanda (in fiore deve essere ancora più bello!). Andateci davvero, ne vale la pena!
vini bianchi Abruzzo
L'evento è stato davvero bello con un sacco di vini deliziosi. Un grande ringraziamento agli organizzatori!