Avrete capito che Torino e il Piemonte sono una delle mie mete di viaggio preferite. I motivi sono semplici e si riassumono in poche parole: vino, cioccolata, nocciole. Tre cose che amo davvero e rincontro volentieri, che cerco di conoscere sempre meglio ogni volta che vado.
Eppure il Piemonte mi piace perché ha ben oltre da offrire: questa volta sono andata alla scoperta di un vitigno (bianco!) del Piemonte e di un tipo di carne speciale. Di cioccolato e nocciole mi sono occupata solo permettendomi una goduriosa coppa sabauda, in una delle cioccolaterie storiche di Torino. Ma secondo voi basta una vita per conoscere l’enogastronomia italiana?
Mi piace girellare per le strade con la macchina fotografica, meglio se di mattina presto, quando la città è più autentica, senza folle gongolanti, brulicante di attività. Così scopro cortili e gallerie, come questo del Vermuth:
La carne di Fassona
Girando invece per locali e piole (osterie piemontesi), ho “incontrato” più volte nel piatto un ingrediente locale eccellente: la carne di Fassona, una razza bovina autoctona del Piemonte. Viene usata nella cucina piemontese nella preparazione di alcuni piatti della tradizione, come il brasato, il bollito o il vitello tonnato.
Quest’ultimo lo adoro, ma ho assaggiato la Fassona anche in una versione che chiamerei… originaria: come carne cruda o tartare. La Fassona si adatta bene a questa preparazione perché è una carne magra e tenera. Nonostante non ami molto la carne cruda, a questo punto devo riconoscere… dipende dalla carne cruda! Vi ricordate il post recente sull’hamburger slow?
Bene, a Torino ci hanno fatto un slowfastfood, il M**Bun, dove l’hamburger di Fassone è accompagnato da patatine fritte ovviamente, meno ovvio che siano tagliate fresche. Un’idea davvero apprezzabile quella di questi allevatori piemontesi, magari da ripetere in altre regioni italiane.
L’Erbaluce di Caluso
Ma passiamo al vino. Le prossime due foto non sono mie, ma di un bravo amico fotografo: ero troppo impegnata ad ascoltare e degustare…
Alla scoperta dell’Erbaluce di Caluso dunque, un vitigno bianco del Piemonte. E’ vero, la regione è famosa soprattutto per i rossi prestigiosi a base di uva Nebbiolo, come il Barolo e il Barbaresco, o per la Barbera. Ma ha anche degli ottimi vini bianchi che vi consiglio di provare, come il Cortese, l’Erbaluce ed il Moscato (d’Asti quello più conosciuto).
Siccome amo molto i vini passiti, mi incuriosiva provare l’Erbaluce passito. Per questo ho scelto la cantina Orsolani, che ha uno degli Erbaluce passito più buoni. La cantina fa vini solo con l’Erbaluce, e di ben tre tipi diversi: passito, bianco fermo e spumante (metodo classico). Con la signora Daniela ho fatto un giro in cantina, mi ha mostrato le pupitre con le bottiglie di spumante a testa in giù e chiarito brevemente i passaggi necessari ad ottenere uno spumante metodo classico.
Gli spumanti sono di due tipi: metodo Charmat e metodo classico
Ma lo sapete che in Italia i vini spumante si producono con 2 metodi diversi?
Il primo è il metodo Martinotti o Charmat, usato nella produzione del prosecco. Il metodo classico invece è quello usato originariamente in Francia nella produzione dello Champagne. Un Prosecco non può dunque essere uguale a un Franciacorta, le bollicine si fanno in modi diversi!
Durante la degustazione ho assaggiato sia gli spumanti che il vino bianco secco: un vino in cui predomina l’acidità che lo rende fresco, adatto per un risotto di verdure in bianco o per un pesce di acqua dolce. Il terreno del Canavese, di questi luoghi così vicini alle Alpi, è di tipo morenico, composto dai detriti di un antico ghiacciaio che si è ritirato. Un terreno sedimentario dunque, sassoso, dove ora crescono le vigne di Erbaluce, a cui il terreno morenico conferisce la spiccata freschezza.
A conclusione e con mia grande gioia, l’Erbaluce passito, che non mi ha deluso. Grazie alla sua buccia spessa, questo vitigno si presta bene all’appassimento, che avviene in 3-4 mesi in solai, dopo il quale viene pigiato e vinificato. Mica è finita: come DOC deve fare un invecchiamento in botte di minimo 4 anni.
Come per tutti i passiti, il cammino per ottenere questo delizioso nettare è lungo. E’ un vino dolce affatto stucchevole, grazie all’acidità che contraddistingue questo vitigno e, ovviamente, alla qualità della cantina Orsolani. Vicino a lui, premurosamente serviti, c’erano dei nocciolini di Chivasso, piccole meringhe alle nocciole, perfetto accompagnamento per questo vino. Che comunque può anche essere da meditazione.
Vi è piaciuto il mio giro in Piemonte? Avete letto i miei viaggi enogastronomici in Toscana?